
Fino a pochi anni fa quasi nessuno parlava di influencer. Oggi, invece, sono presenti in ogni settore. I governi che vogliono rafforzare la propria immagine internazionale lo hanno capito in fretta: collaborare con gli influencer è il modo più immediato per attrarre nuovi espatriati. Forse stai pensando di cambiare carriera e dedicarti alla creazione di contenuti, oppure hai già avviato la tua attività di influencer all'estero. C'è però un nodo fondamentale da sciogliere: i visti. Esistono davvero programmi su misura per chi fa questo lavoro? E, se sì, qual è la scelta giusta per te?
Visti per influencer
La buona notizia è che sì, esistono programmi adatti agli influencer. La prima opzione da considerare è il visto per nomadi digitali.
Dalla pandemia in poi, l'entusiasmo per il nomadismo digitale è cresciuto rapidamente. Sempre più Paesi adottano questo modello, offrendo visti che durano in genere da sei mesi a un anno, talvolta rinnovabili. Con il termine “nomadi digitali” si indicano tutte le persone che lavorano in ambito digitale, compresi i creatori di contenuti. La tua attività di content creator rientra quindi a pieno titolo in questo quadro. Spagna, Mauritius, Giappone, Italia ed Estonia sono tra i Paesi che accolgono gli influencer stranieri con visti per nomadi digitali.
Anche altri Paesi offrono programmi simili. In Thailandia, ad esempio, è stato creato il Media & Film Crew Visa, dedicato a chi lavora nei media e nella produzione cinematografica, dagli spot ai lungometraggi. La durata varia da tre mesi a un anno e per ottenerlo è necessaria una lettera di approvazione rilasciata dal Film Office del Dipartimento del Turismo thailandese. Il limite, però, è evidente: questo visto può andare bene per registi o operatori del settore audiovisivo, ma non è pensato per influencer che si occupano di cucina, viaggi o coaching all'estero.
Alcuni Paesi hanno fatto un passo ulteriore creando visti specifici per influencer. Tra questi ci sono gli Emirati Arabi Uniti, gli Stati Uniti e, più recentemente, il Vietnam.
Emirati Arabi Uniti (EAU)
Gli Emirati puntano a restare una delle destinazioni di punta tra gli espatriati e negli ultimi anni hanno ampliato le categorie che rientrano nel Golden Visa: all'inizio atleti e studenti, oggi anche creatori di contenuti e professionisti delle industrie creative. Per chi lavora come influencer, questo visto semplifica l'iter burocratico, a patto di poter dimostrare un reddito stabile.
A Dubai, la città-vetrina degli Emirati, è stato lanciato anche il Cultural Visa. Chi invece collabora con brand internazionali può valutare il Freelance Visa. Per chi non vuole impegnarsi a lungo termine, esiste infine il Virtual Working Program: una sorta di visto da nomade digitale che consente di vivere negli EAU continuando a lavorare da remoto per clienti o aziende estere.
Vietnam
Il Vietnam ha avviato una profonda riforma del sistema dei visti per attrarre turisti e residenti stranieri. Le principali misure includono esenzioni dal visto per chi contribuisce all'economia locale - come investitori, imprenditori e professionisti nei settori culturali e artistici - e per le campagne di comunicazione sviluppate in collaborazione con influencer internazionali.
Gli influencer con un elevato numero di followers hanno diritto a diversi vantaggi. Sulla scia degli Emirati, il governo ha proposto un'esenzione dal visto fino a cinque anni per chi supera il milione di follower, oltre che per investitori, scienziati, ingegneri, matematici, atleti e artisti. È stato persino ipotizzato un visto per nomadi digitali. Per ora, però, nulla è stato approvato: Ministero della Giustizia sta valutando la proposta.
Stati Uniti
Gli Stati Uniti non hanno un “visto per influencer”, ma offrono diversi programmi adatti a chi lavora in questo settore.
Il visto B-1 (affari) consente di partecipare a conferenze, seminari e incontri di lavoro, ma non permette di lavorare per aziende americane né di svolgere attività professionale. Molti influencer lo usano per espandere la propria presenza negli USA evitando procedure di immigrazione più complesse. Alcuni si spingono oltre con il visto turistico B-2, scelta ancora più rischiosa: entrambe le opzioni non sono compatibili con l'attività di influencer e, se usate in modo improprio, comportano sanzioni pesanti.
Per questo è consigliabile orientarsi su visti temporanei o programmi a lungo termine, che a seconda dei requisiti possono anche portare alla residenza permanente.
Opzioni di visto per influencer negli USA
Chi ha già una carriera consolidata, con un pubblico ampio, clienti affidabili e entrate stabili, può candidarsi al visto O-1 o P-3.
Il visto O-1 comprende:
- O-1A: riservato a chi eccelle nell'amibito di scienze, affari, istruzione o sport.
- O-1B: pensato per chi ha grande abilità nelle arti, in senso ampio. Richiede però uno sponsor: un agente o un'azienda americana.
Il visto P-3 si rivolge ad artisti e intrattenitori. Rientrano in questa categoria anche influencer che fanno spettacoli dal vivo, tour in streaming o eventi culturali, purché i contenuti siano ritenuti “unici”, “interessanti” e “culturalmente arricchenti”.
A differenza del B-1, i visti O-1 e P-3 consentono di monetizzare il soggiorno tramite sponsor locali, contratti con brand o nuove collaborazioni. Chi punta a restare in modo permanente può invece richiedere l'EB-1A, destinato a chi dimostra abilità straordinarie: è un visto che apre le porte alla Green Card.
Chi punta alla residenza permanente può richiedere il visto EB-1A, riservato a chi dimostra “abilità straordinarie” (sulla falsariga degli O), che dà diritto a richiedere la Green Card.
Come scegliere il visto giusto da influencer?
Il primo passo è chiarire i tuoi obiettivi:
- che tipo di contenuti produci?
- per quanto tempo vuoi fermarti?
- le tue entrate sono stabili e regolari?
- hai già un Paese specifico in mente?
Molti influencer commettono l'errore di optare per il visto turistico: è rischioso. Se il Paese non prevede un visto specifico, verifica se esiste un'opzione da nomade digitale e leggi con attenzione i criteri di ammissione.
Definirsi influencer non basta: le autorità chiedono prove concrete, soprattutto sul reddito. Ricorda che i visti per nomadi digitali richiedono quasi sempre che i guadagni provengano dall'estero.
Per dare credibilità alla tua candidatura devi mostrarti come un vero esperto nel tuo settore. Che si tratti di permacultura, finanza per espatriati, gaming, animali domestici, genitorialità o coaching, la specializzazione ti aiuta a costruire un pubblico fedele e a trasmettere autenticità e qualità.
Infine, tieni presente che “influencer” ed “expat influencer” non sono status giuridici. Nella maggior parte dei casi verrai riconosciuto come lavoratore autonomo, oppure potresti dover aprire una società. Assicurati sempre che il tuo status professionale sia compatibile con il programma di visto per cui fai domanda.
Fonti: